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“Accidenti a quando ho deciso di aprire”
È questa la frase che ogni tanto Luca mi confida.
Luca è titolare di un ristorante a Bologna. Lo conosco da diversi anni (ho anche lavorato con lui qualche sera da lui, in passato).
Sta dentro l’azienda quindici ore al giorno e difficilmente è di buon umore: “se manco in azienda la ritrovo distrutta” e “se non ci sono io non va avanti niente”, frasi che spesso ripete.
Non teme l’operatività e pensa che molte cose faccia prima a farle lui che tanto “servono 15 minuti a farla ed 1 ora a spiegarla, oltretutto a gente che non capisce un c***o”.
In realtà Luca era (ed è ancora) un grande specialista della sala. E’ bravissimo a curare le due cose più importanti del servizio: gestire i tempi e far stare bene le persone. I clienti tornano ma lui è completamente soffocato dal mare di attività che compie.
Ha aperto perché conosce come si svolge il lavoro ed ha pensato di lavorare per sé invece, che per altri.
Non va male, ma di fatto si ritrova ad esserne sempre impegnato a far fronte a tanti compiti inutili, e con la consapevolezza di non riuscire a concentrarsi sulle azioni davvero importanti per la crescita del locale.
– Perchè Luca si trova in questa situazione?
E’ inquieto e non lo biasimo: non riesce a realizzare i propri progetti. Questo è un generatore di frustrazione.
Ha idee che potrebbero portare la sua azienda al livello successivo ma continua a correre dietro a mille problemi quotidiani che, così gestiti, non creano il tempo per pianificare.
Ognuno ha la propria idea su cosa significhi essere un imprenditore ed ho sempre grande rispetto per questo. Ma nessuno associa il concetto di “fare impresa” con “diventare il tuttofare e non essere libero di fare ciò che voglio”.
Però spesso succede proprio così, ed io mi chiedo continuamente i motivi.
Statistiche alla mano, tante persone avviano una attività, magari per non avere un capo, per poi fallire dopo 2 anni perché non hanno (e non acquisiscono) nessuna delle abilità/competenze utili per gestire un’azienda. Luca non fallisce, ma non ha le nozioni tecniche e la voglia di progredire.
Gli ho parlato di soluzioni e possibilità per migliorare la situazione, trovando diffidenza da parte sua nel pensare che qualcuno, da fuori, possa portare benefici all’interno.
– “In effetti non ho capito che lavoro fai”
Lecito. Venendo al punto , illustro cosa significa collaborare con una figura esterna: senza supercazzole morali, ma tramite un esempio pratico relativo alla situazione di Luca.
Un consulente è un professionista, specializzato, che fornisce consigli ed assistenza esperta nel proprio campo. Io lo faccio quasi esclusivamente nelle attività F&B, bar e ristoranti, in modo tecnico ed analitico.
Pertanto, opero per compiti o progetti su cui ho modo di applicare la mia esperienza diretta, lo studio specifico o delineare linee strategiche, oltre che produrre formazione (inteso come dare una forma).
Un consulente vede tante attività e parla tutto il giorno con imprenditori. Ricerca e studia quotidianamente per capire come portare quelle soluzioni che modificano nel profondo le aziende, facendole migliorare; si formano su questo per acquisire una conoscenza sempre più forte e specifica.
Deve essere in grado di rappresentare un valore aggiunto e strategico in determinate aree. O almeno, questo è il modo con cui interpreto la professione.
– Quindi come agirei, nella pratica, se lavorassi con Luca
Se il settore non alza il livello tecnico elevando la qualità imprenditoriale e l’approccio alla realtà azienda, ancora banalizzante, il rischio è di trovarsi come Luca.
Voglio quindi scrivere i primi 3 passi che metterei in atto se avessi modo di collaborare con lui, a parità di obiettivi che identifico in:
- ottenere maggiore libertà in termini mentali e di tempo
- Potersi dedicare con impatto alle sfide che azienda e mercato presentano
- Svolgere il secondo punto con lucidità mentale, senza avere costantemente il fiato sul collo dall’operatività
Seguirei quindi questa traccia
-
Profilazione: il capitale umano genera il capitale economico
Ho la fastidiosa abitudine di andare ad alzare il tappeto per cercare la polvere: parte tutto da qui. Nelle aziende trovi persone che ti raccontano tutto il contrario di tutto, compreso il titolare, ed è normale che sia così perché è una questione di lucidità che manca.
Luca oggi è in affanno ed ha necessità di capire quali sono le attitudini e competenze che gli servirebbero per avere in primis un linguaggio mentale differente, in secondo luogo prendere consapevolezza di come il suo approccio sia determinante sulla resa quotidiana.
Un questionario attitudinale specifico fornisce la direzione da prendere: una fotografia delle abitudini che limitano (e di quelle positive) è una leva potente per capire in che modo procedere, quali materiali da studiare sono più adatti, che abilità vanno acquisite.
2. Analisi: trovare i retaggi ed i colli di bottiglia
Luca ha frequentato molti corsi sulla enologia ma mai uno che tratta temi manageriali. Parlo di sviluppo personale, strumenti tecnici, gestione delle persone ecc. per cui da questo punto di vista, le modalità di leadership che tende ad esercitare risalgono perlopiù agli esempi concreti avuti nei suoi precedenti lavori e dai leaders che hanno inciso su di lui.
Il gruppo di lavoro sarà condizionato dalla mancanza di una visione (verso quali obiettivi va l’azienda?) inoltre non è presente fondamento tecnico, ad esempio su come gestire una riunione piuttosto che una programmazione mensile delle attività. Se non sa farlo per se stesso non saprà neanche come delegarlo. Si deve intervenire
Dopo avere composto l’organigramma, guarderemo tutte le attività che oggi ritiene gli appartengano in via esclusiva per capire quanto, se procedurizzate e delegate, gli gioverebbero liberando il suo tempo per dedicarlo ad altro.
Al contrario, dovremmo impostare le attività mancanti che farebbero una grande differenza per il miglioramento dei processi interni. Verrebbero fuori 4 blocchi distinti: backoffice – frontoffice – gestione del personale – ricerca/sviluppo: in ognuno di queste aree troveremmo degli aspetti ottimizzabili.
3. Studio in aula: leadership e gestione aziendale
Il team di lavoro necessita di alcuni ingredienti: organizzazione e metodo, ascolto e formazione. Tutte queste cose rappresentano la leadership, ovvero la guida.
La tecnica a cui dedicare attenzione è imparare ad usare i “bottoni” che accendono le persone, compresi noi stessi. Uno degli errori più paradossali è che alcuni imprenditori non si curano della evoluzione personale/manageriale (propria e dei collaboratori), ma auspicano contemporaneamente una evoluzione aziendale.
Senza utopie: tutti vorrebbero il team perfetto, già pronto in cui i collaboratori seguono con passione e dedizione la guida del leader. Ma nella realtà è un pò diverso, per cui c’è da applicarsi e studiare.
Sentirsi responsabile in toto dell’andamento aziendale, dei risultati della squadra e l’apprendimento di strumenti tecnici è un mix che genera sviluppo, ma deve avere come primo ambasciatore il titolare dell’azienda: il resto è consequenziale.
Conclusione
Potrei continuare a lungo nella traccia continuando a trovare punti di analisi: è questione di metodo, progettazione e capacità di collaborare. Non è di certo un processo semplice o immediato e richiede impegno.
Una sfida da superare.
Non mi piace vedere imprenditori che avrebbero progetti, idee, e abilità ma sono limitati a gestire le problematiche quotidiane dell’azienda.
La mia missione è migliorare la ristorazione e questo passa (anche) da un imprenditore sbloccato : è una condizione sine qua non. Ovvero
- Smetterla di essere prigioniero della azienda
- individuare e risolvere i colli di bottiglia – compromessi, in primis su sè stesso
- Potersi dedicare ai progetti funzionali, avere tempo e lucidità mentale
Si parte sempre da noi stessi. Penso a Luca Mazzucchelli, grande psicologo: “quando cambi i pensieri sulla realtà, si modifica l’effetto che essa ha su di te”.
Scrivimi senza impegno per approfondire![/vc_column_text][stm_spacing lg_spacing=”40″ md_spacing=”40″ sm_spacing=”20″ xs_spacing=”10″][/vc_column][vc_column width=”1/4″ offset=”vc_hidden-sm vc_hidden-xs”][stm_spacing lg_spacing=”80″ md_spacing=”80″ sm_spacing=”30″ xs_spacing=”20″][stm_sidebar sidebar=”527″][/vc_column][/vc_row][vc_row full_width=”stretch_row” css=”.vc_custom_1459505959648{margin-bottom: -60px !important;}” el_class=”third_bg_color”][vc_column width=”2/3″][vc_cta h2=”Vuoi approfondire questi temi con me?” h2_font_container=”font_size:20px|color:%23000000|line_height:24px” h2_use_theme_fonts=”yes” txt_align=”center” shape=”square” style=”flat” add_button=”right” btn_title=”Scrivimi” btn_style=”flat” btn_color=”theme_style_2″ btn_align=”right” btn_i_align=”right” btn_i_icon_fontawesome=”stm-email” use_custom_fonts_h2=”true” btn_add_icon=”true” btn_link=”url:http%3A%2F%2Fmatteogamberi.it%2Fcontatti%2F|title:Contatti%20%E2%80%93%20Richiedi%20un%20preventivo%20o%20informazioni” el_class=”third_bg_color” css=”.vc_custom_1613914736813{margin-bottom: 0px !important;}”][/vc_cta][/vc_column][vc_column width=”1/3″][/vc_column][/vc_row]